lunedì 11 aprile 2011

La Marcia di Radetzky (II parte)

Brody e Lemberg


“Il segreto di uno scrittore risiede
nella sua infanzia.”
Francois Mauriac



Moses Joseph Roth proviene da Brody, una città di media grandezza nella Galizia austriaca di un tempo, a pochi chilometri dal confine di allora con l’Impero Russo – oggi appartiene alla repubblica ucraina dell’Unione Sovietica. Roth non è nato nel paese di Szwaby sito/posto nelle vicinanze, come egli ha affermato fin dal 1920. Preferendo tedeschizzazioni non ufficiali ha chiamato questo paese per lo più Schwaby o Schwabendorf. ( Una volta si fece emettere da un gentile/cortese parroco un documento di battesimo con l’intestazione alla località Schwaben nell’Ungheria occidentale, dunque nell’odierno Burgenland.) Talvolta si è espresso anche in modo consapevole del tutto genericamente oppure in maniera mistificheggiante. Così scrisse nel Giugno del 1930 al suo redattore Gustav Kiepenheuer : Le strade percorse sono gli anni che ho percorso. Da nessuna parte, in nessun libro di chiesa ed in nessun catasto comunale è stato registrato il giorno della mia nascita, annotato il mio nome. (…) Sono nato in un piccolissimo buco in Wolhynien ( il principato di Wolhynien di una volta confinava ad est con la Galizia ed era russo! ) , il 2 Settembre 1894, nel segno della Vergine, con cui il mio nome Joseph ha un certo vago rapporto. Mia madre era un’ebrea di struttura robusta, vicino alla terra/contadina, slava, intonava spesso canti ucraini poiché era molto infelice ( e lo sono i poveri che cantano da noi a casa, non quelli felici, come nei paesi occidentali. Perciò i canti orientali/dell’est sono più belli, e chi ha un cuore e li ascolta, è vicino a piangere ). Lei non aveva soldi e nessun marito. Poiché mio padre, che un giorno la portò con sé nell’ovest, probabilmente solo per generarmi, la lasciò sola /abbandonò a Kattowitz e sparì/scomparve per non farsi più rivedere. Lui deve essere stato una persona strana, un austriaco della specie dei furbi matricolati, dissipò/dilapidò molto, probabilmente bevevo e morì, quando io avevo sedici anni, in stato di pazzia.

Le indicazioni fuorvianti di Roth sul suo luogo di nascita cominciano non a caso nel 1920. Proprio allora si trasferì da Vienna a Berlino. A causa della poca stima di cui godevano per lo più gli immigrati ebrei provenienti dalla Galizia dovette valere Schwabendorf, una colonia tedesca e non Brody a maggioranza ebrea come suo luogo di nascita. Così rimase anche in esilio ; nato (…) a Schwaby, colonia tedesca, ha riferito nel 1934 alla sua traduttrice francese Blanche Gidon. Anche i suoi documenti personali lo identificarono adesso/ormai così fino alla sua morte. In numerose brevi biografie, che sono state pubblicate su di lui dopo il 1945, si trova fino ad oggi questa falsa/sbagliata indicazione.

Così come le autodichiarazioni di Roth sul suo luogo di nascita traballano/oscillano anche quelle sui suoi genitori, tuttavia con tendenza differente : le indicazioni sulla madre differiscono solo di poco e si distinguono piuttosto per una certa scarsezza. In una lettera a Otto Forst de Battaglia Roth si definisce nel 1932 come figlio di un funzionario delle ferrovie ( pensionato prematuramente e morto in stato di pazzia ) e di un’ebrea russo polacca. ( La scrittura sbagliata “nel pensionato” nella emissione della lettera è stata corretta da Bronsen. ) Nella già citata lettera a Blanche Gidon Roth si fa derivare da una madre ebrea russa ed un padre austriaco ( impiegato statale, pittore, alcolizzato, divenuto folle ancor prima della mia nascita ) , cosa che si lascia accordare con il resoconto a Kiepenheuer, finchè si tratta della madre. Non è stata lei, bensì il padre che ha messo in movimento la fantasia del figlio.

Era suo padre il “chachet Roth”, il noto fabbricante di munizioni viennese, era questi pittore/artista come il pittore Moser nella Marcia di Radetzky oppure era un ufficiale che aveva un’altra donna in ogni guarnigione? Proveniva Roth da un nobile, era lui il figlio naturale di un conte polacco oppure il figlio illegittimo/fuori di matrimonio di un alto funzionario statale austriaco? Egli ha diffuso di tanto in tanto tutte queste versioni ed ancora altre, oralmente o per iscritto, e come noi ben sappiamo, nessuna di queste è vera. Ciò che dà nell’occhio è che il figlio ribadisce l’intima parentela con il padre : La sua specialità era la malinconia , che io ho ereditato da lui. Roth afferma di aver già conosciuto l’aspetto esteriore del vero padre tramite un sogno : Non l’ho mai visto. Tuttavia mi ricordo di aver sognato quando ero ancora un bimbo di quattro o cinque anni un uomo che rappresentava mio padre. Dieci o dodici anni più tardi ho visto per la prima volta una fotografia di mio padre. La conoscevo già. Quello era il signore che avevo già visto in sogno.

Nachum Roth, il padre di Joseph Roth, proveniva dalla Galizia occidentale ed era cresciuto con/sotto Chassidim. Era destinato provvisoriamente a diventare rabbino. Quando fu proposto come sposo per Maria Gruebel lui era compratore di cereali/grano per conto di una ditta di Amburgo o per lo meno si spacciava/si identificava come tale. Nel 1892 fu unito in matrimonio con Maria a Brody secondo il diritto austriaco del rabbino. Egli volle utilizzare la dote della sposa per diventare un lavoratore autonomo nella Prussia occidentale nella veste di commerciante in legname. Nel 1893 le merci della sua ditta amburghese furono sottratte indebitamente a Kattowitz. Poiché lui ne rispondeva in prima persona si recò dapprima con sua moglie a Kattowitz , poi da solo ad Amburgo. Nel treno Amburgo – Berlino sembra che sia nata o venuta alla luce una malattia mentale. Egli finì dapprima in un manicomio in Germania e poi dato in cura ad un rabbino che faceva miracoli nella parte russa della Polonia. Anche durante la sua malattia viene descritto come “ bellissimo, con barba piena bionda e gli stessi occhi luminosi che aveva Roth “. Non guarì più. Egli non ha mai conosciuto suo figlio. Il divorzio, che fu richiesto da parte della famiglia Gruebel, non potè seguire perché Nachum, che avrebbe dovuto dare il suo consenso, non era capace d’intendere e di volere. Morì nel 1910. Roth è dunque nato, contro le sue proprie occasionali dichiarazioni/esternazioni, da un matrimonio legittimo. Le privazioni, di cui patì durante la vita, consistevano nel fatto che dovette crescere senza il padre.

Maria ( Miriam ) Gruebel , la madre di Roth , è nata , probabilmente nel 1872 , a Brody ; aveva di conseguenza venti anni al tempo del suo matrimonio. La figlia del commerciante di panni/stoffe ebreo Jechiel Gruebel – egli acquistava la sua merce dall’Inghilterra e la rivendeva in Russia a condizioni doganali vantaggiose, come valevano per Brody fino al 1879 – era il secondo genito più vecchio di sette , aveva frequentato la scuola elementare ebraica , il Cheder , ed era stato educato a strenuo credente. Ella venne a sapere/visse in prima persona che il padre doveva chiudere il negozio/smettere la sua attività commerciale diventando impiegato in un teificio. Sua madre morì alla nascita del settimo figlio. La sua sorella più grande Rebecca e lei sbrigarono quindi le faccende domestiche per il padre ed i cinque fratelli – Siegmund , Heinrich , Norbert , Salomon , Willy - . Tre dei fratelli si trasferirono nel corso degli anni a Lemberg , uno a Vienna e Lipsia , uno a Norimberga e Vienna. Essi trattavano il luppolo, pellame/pellicce e generi alimentari ; ne ricavarono tutti dei patrimoni , ma quello che ci guadagnò di più in assoluto fu Siegmund , il commerciante di luppolo e malto a Lemberg. Furono i fratelli che allestirono il matrimonio di Maria e le procurarono la dote.

Maria ha vissuto con il suo marito un anno e mezzo. Quando lui non fece ritorno dal suo viaggio lei ritornò nella casa dei genitori : una piccola casa da due famiglie, di un piano terra, edificata in legno sita nella Bahngasse , una strada traversa della Goldgasse , la strada principale di Brody. Là ha procreato/generato/dato alla luce il 2 Settembre 1894 – come Roth ha indicato chiappandoci nella lettera a Kiepenheuer – suo figlio. Non moglie , non vedova , visse in futuro soprattutto per questo figlio. Di nuovo sbrigò per suo padre le faccende di casa – fino alla morte di questo avvenuta nel 1907. Per alcuni anni non seppe nulla di suo marito che risultava disperso. Poi riuscì a suo fratello Willy residente a Norimberga di portare a conoscenza il destino a cui era andato incontro Nachum.

Da suo fratello Siegmund residente a Lemberg Maria ricevette sussidi finanziari regolari. Siegmund divenne anche il curatore/tutore di Joseph. Come gli altri fratelli prese con sé il giovane senza padre ; ma derivò dal suo gesto di aiuto anche dei diritti, e sembra che abbia ferito in modo rilevante la sensibilità del suo pupillo dal modo/maniera in cui lo educò e protesse. Roth chiamò più tardi suo zio Siegmund un avaro ipocrita e lo eternò – come Bronsen suppone – nel personaggio di Bloomfield, lo zio d’America, nell’opera Hotel Savoy. Ma in questo romanzo rimandano molto più chiaramente alle esperienze di Roth con Siegmund Gruebel gli incontri di Dan con lo zio Phoebus (Phoebus Boehlaug).

Il bimbo crebbe nella casa del nonno. I nomi li aveva ricevuti dal bisnonno da parte di madre, il modellatore di pietre tombali Moische Jossif Graeber : Moses Joseph. In famiglia il piccolo venne chiamato più tardi Muniu, che secondo Roth viene da Salomone ed alludeva alla sua intelligenza riconosciuta/riconoscibile molto presto ; ancora più tardi Muniu Faktisch, poiché l’adolescente era un saccente, che alle sue affermazioni faceva seguire la frase : Ciò è effettivo/reale! ( Giusto è probabilmente far derivare Muniu da Moses.) Il giovane Roth portò il nome/prenome Moses fino al suo ventesimo anno di vita. Ancora all’università di Vienna risulta iscritto sotto questo nome. Abbandonò questo nome quando cominciò a pubblicare , ed in modo definitivo quando divenne soldato.

Madre e figlio sembrano aver vissuto con ristrettezze , ma di non aver mai sofferto la miseria vera e propria. Il giovane prese lezione di violino. Lo zio Siegmund ha preso/accolto più tardi lo studente ginnasiale durante le vacanze estive nella sua casa a Lemberg. Le lettere di Roth risalenti al periodo in cui frequentava il ginnasio sono indirizzate ai parenti residenti a Lemberg , a sua zia Rozia , alle cugine Resia e Paula , al cugino Heini. Questi parenti lemberghesi di Roth sono deceduti – ad eccezione dello zio Siegmund morto già precedentemente – nei campi di concentramento dopo la conquista tedesca della Polonia nella Seconda Guerra Mondiale.

Quando si parla della Galizia come patria di Roth allora questo ha anche un aspetto storico.

Alla prima divisione della Polonia avvenuta nel 1772 l’Austria aveva ricevuto tutta la Polonia meridionale, un paese relativamente densamente popolato, tuttavia in prevalenza povero dal punto di vista economico e culturale, che confinava ad est con l’Ucraina ( i cui abitanti venivano chiamati nella monarchia Ruteni ), ad ovest con la Polonia , e che era abitato nel suo complesso da molti ebrei. L’area di recente acquisto/acquisizione, che fino ad ora non aveva formato alcuna unità, venne raggruppata sotto il nome di “ Regno di Galizia e Lodomeria “; per la sua legittimazione si ripescò con ciò un titolo che gli Asburgo portavano casualmente come Re di Ungheria. Nel 1779 Brody, luogo di nascita di Roth, fu favorito/avvantaggiato come piazza di commercio ricevendo gli stessi diritti dei porti di mare Trieste e Fiume. La Galizia avviò un crescente sviluppo all’interno della Confederazione Austriaca di Stati in seguito/grazie a delle riforme ( sviluppo di cui non per ultimo approfittarono gli stessi ebrei oppressi ), senza poter sicuramente raggiungere il vantaggio iniziale di cui godevano i paesi della corona posizionati ad occidente.

Un reportage di tre parti Viaggio attraverso la Galizia , uscito nel “ Frankfurter Zeitung “, portò nel Novembre del 1924 la prima descrizione del paese uscita dalla penna di Roth.

E’ difficile vivere/la vita qua è difficile. La Galizia ha più di otto milioni di abitanti da nutrire. La terra è ricca, gli abitanti sono poveri. (…) Ci sono troppi commercianti, troppi funzionari, troppi soldati,troppi ufficiali. Tutti vivono propriamente alle spalle dell’unica classe produttiva : i contadini. – Questi sono devoti, superstiziosi, timorosi. Vivono in timido/schivo profondo rispetto/venerazione del parroco ed hanno uno smisurato rispetto della “ città “, dalla quale giungono strani/singolari automezzi che vanno senza cavalli, i funzionari, gli ebrei, le signorie, i medici, gli ingegneri, i geometri, l’elettricità chiamata Elektrika ; la città dove vengono mandate le figlie, in cui divengono governanti e prostitute ; la città dove si trovano i tribunali, i furbi avvocati di cui ci si deve ben guardare, i giudici giusti nei talari dietro alle croci metalliche, sotto il quadretto/l’immagine a colori della Terra della Salvezza nel cui sacro nome gli uomini vengono condannati/giudicati a mesi e anni ed anche alla pena di morte con la fune ; la città che si nutre/cui si dà nutrimento, affinché si possa ricavare da vivere da essa stessa, affinché in essa si comprino fazzoletti copricapo variopinti e grembiuli, la città dalla quale escono fuori le “ commissioni “, le ordinanze , i paragrafi , i giornali. – Così era quando governava l’imperatore Francesco Giuseppe, e così è oggi.

Melanconico e saccente nel tono, talvolta cinico, il reporter trentenne racconta del paese che lui stesso – cosa che a stento lascia intendere – conosce già da così lungo tempo. Il reportage non maschera/non fa apparire migliore nulla. Ma insiste nel fatto di accusare/lamentare ciò che è degno di essere oggetto di lamentele secondo il proprio punto di vista e secondo il proprio metodo di misurazione, e di respingere invece gelosamente il giudizio di altri. Egli si rivolge contro l’idea della Galizia che ha trovato diffusione nell’Europa occidentale. Talvolta sembra che lo stupore , che dovrebbe trasmettersi al lettore , invadesse il narratore. Egli è sicuramente dell’opinione che lui riferisce/racconta certo di povertà e miseria, ma anche di bellezza nascosta e di segreti.

La Galizia ha segnato/si è impressa nella mente di Roth. Malinconia e nostalgia, amore e lutto/mestizia riecheggiano da ogni descrizione, passione che si esprime in monotonia, odio provato, soprattutto fantasia. La Galizia è la patria del poeta – così lontana, ed anche così povera -, e quando il poeta racconta di essa, quando questi, come lui dice lapidariamente, descrive la gente ed il posto, trova subito il suo tono del tutto personale.

Dal romanzo incompleto Fragole (scritto intorno al 1930) : L’autunno consisteva da noi di oro e argento liquidi, di vento, stormi di corvi e leggere gelate. Ad Agosto le foglie diventavano gialle, nei primi giorni di Settembre queste giacevano già per terra. Nessuno le raccoglieva spazzando. Ho visto solo/poi nell’Europa occidentale che si spazza l’autunno raccogliendolo tutto insieme in veri e propri mucchi di rifiuti. – Nelle nostre chiare giornate autunnali non soffiava alcun vento. Il sole era ancora molto caldo, già molto obliquo e molto giallo. Tramontava in un occidente bello rosso e si svegliava ogni mattino in un letto di nebbia ed argento. Passava molto tempo prima che il cielo diventasse blu profondo. Poi/quindi/a questo punto rimaneva così per tutto il giorno. – I campi erano gialli, pieni di spungiglioni, duri e facevano male alle suole. Emanavano un odore più forte che in primavera, più acuto ed un po’ spietato. I boschi posti ai loro margini rimanevano di un verde profondo – erano boschi di conifere. In autunno questi avevano dei pettini d’argento sulle cime. – Noi arrostivamo le patate. Si sentiva l’odore di fuoco, carbone, bucce bruciate, terra ristretta/stremata. Le paludi, di cui la zona era ricca, portavano una coperta leggera e rilucente di brina vitrea. Profumavano di umidità come le reti dei pescatori. (…) A Novembre arrivava la prima neve. Questa era sottile, vitrea e si conservava con una certa facilità. Non si scioglieva più. Allora smettevamo di arrostire le patate. Rimanevamo nelle nostre case. Avevamo stufe cattive, fessure nelle porte e crepe negli ingressi/atri/corridoi. Le cornici delle nostre finestre erano fatte di legno di pino leggero e umido, avevano modificato in estate la loro sagoma/forma e ora chiudevano male. Noi riempivamo le finestre con della ovatta. Mettevamo della carta di giornale tra le porte e le soglie. Tagliavamo la legna per l’inverno. – A Marzo, quando i ghiaccioli gocciolavano dai tetti, sentivamo già galoppare la primavera. I bucaneve li lasciavamo nei boschi. Aspettavamo fino a Maggio. Allora andavamo a raccogliere le fragole.

Il romanzo Fragole – chiamato da Roth talvolta come romanzo della mia fanciullezza, in un altro contesto lui parla del romanzo in grande stile oppure lo chiama semplicemente il romanzo, quello “grande” – è tramandato/trasmesso come frammento ; una parte del materiale raccolto è stata usata – come Bronsen suppone – in esilio per il romanzo Il peso falso/sbagliato.

La Galizia e la confinante/il confinante Wolhynien sono i luoghi principali dove si svolgono i romanzi ed i racconti di Roth. Là si ritrovano sempre di nuovo descrizioni paesaggistiche ; queste si imprimono fortemente nella mente del lettore ed aiutano a definire tono ed atmosfera del narrato. Si pensi al rompere la coperta di ghiaccio nell’opera Il peso falso/sbagliato, alle descrizioni delle paludi ripetute, in parte uguali fino alla parola nella Marcia di Radetzky : Le persone di questa zona erano nate nelle paludi. Poiché le paludi giacevano molto estese su tutta la superficie del paese, ad ambo i lati della strada maestra, con rane, bacilli da febbre ed erba che trae in inganno, che significava per il viandante sbadato/non accorto e non esperto del paese una terribile trappola/tentazione che lo avrebbe portato ad una morte atroce. Molti morivano, e le loro ultime grida d’aiuto non erano state udite da nessuno. Ma tutti quelli che erano nati là conoscevano bene gli inganni della palude ed avevano essi stessi qualcosa del suo inganno. In primavera e in estate l’aria era ripiena di un incessante intenso rumoreggiare di rane. Sotto i cieli gioiva un rumoreggiare ugualmente intenso delle allodole. Ed era un instancabile dialogo a due del cielo con la palude. Solo la conoscenza della realtà/delle caratteristiche della natura e della storia rende possibile sopravvivere a ciò. Il narratore del romanzo è convinto dei pericoli mortali per coloro che non sono esperti del posto : Qualunque straniero giungesse in questo luogo era destinato gradualmente a perdersi. Nessuno era così forte/robusto come la palude. Nessuno poteva resistere a/competere con il confine. Ciò dà una particolare qualità a tutto quello che viene detto su questo paesaggio e sulla sua gente. Condannati e consacrati sono quelli che vivono e muoiono là. Ma la familiarità con i rischi e l’adeguamento a tali caratteristiche è anche una fonte di forza.

Secondo il parere di Roth l’uomo dell’est era più forte di quello dell’ovest. Andrea Manga Bell ha dichiarato di aver sentito in Roth stesso “ la presenza molto forte/accentuata dell’uomo dell’est (…). La gente dell’est è molto più immediata, possiede ancora una cordialità disinvolta/naturale e da fanciullo, che altrimenti si trova solo nelle persone e nei popoli primitivi. Tali persone possono fare/combinare/ commettere ciò che vogliono, rimangono sempre innocenti ed ingenue. “

Roth possedeva una tendenza istintiva al naturale, sebbene fosse un bimbo di città/un figlio della città. L’amore per la natura dell’adolescente è testimoniato/provato. La tarda vita da nomade del letterato conteneva accanto all’assenza di qualsiasi sosta anche una certa protesta. Proprio come il suo tenente Trotta nella Marcia di Radetzky lui desiderava talvolta un modo di vita semplice e vicino alla terra. Il paesaggio industriale/l’area industriale lo opprimeva. Aveva bisogno di una vicinanza che metteva al sicuro, che non fosse opera umana.

Tuttavia per l’autore Roth la natura è , come tutto il resto, solo materia allo stato grezzo. Ciò che egli faceva era letteratura : un tessuto fatto di parole. Perciò la Galizia consiste in Roth – così come lo “ Schtetl “, che lui come assimilante dall’interno forse non conosceva affatto – soprattutto di sensazioni , immagini , situazioni , che vogliono parlare al sentimento. Roth conosceva il segreto della parola pronunciata una volta (…) (che infatti è diventata una realtà mai più da cancellare) , come lui scrisse nel 1932. Il lettore di Roth vedrà in futuro la Galizia sotto l’impressione di una perfetta suggestione con gli occhi di questo autore.


Due esternazioni/dichiarazioni su Brody di dominatori/signori austriaci sono tramandate : Giuseppe II , che fece sosta nella città nel 1787, quindici anni dopo l’occupazione della Galizia, la definì in una lettera indirizzata al principe Kaunitz come una “ nuova Gerusalemme “. Brody contava allora 9000 ebrei, tutta la Galizia ne aveva circa 200.000. L’imperatore cercò/tentò di germanizzarla nell’ambito della sua politica di colonizzazione (così gli ebrei ricevettero cognomi tedeschi) ed aprì loro nel 1789 con la patente di tolleranza/in virtù della patente di tolleranza la via all’equiparazione dei diritti del cittadino. Circa un secolo più tardi Francesco Giuseppe I deve aver dichiarato/detto, quando ad una cerimonia di omaggio/ossequio vide il gran numero di ebrei : ora avrebbe saputo perché lui si chiamava Re di Gerusalemme. ( Un’altra versione dell’aneddoto cita Lemberg come posto dove si è svolta la scena. )

La città si trovava tra il bosco e la palude ( “brody” è il plurale dello slavo “brod” = guado ) in pianura. Il privilegio del libero commercio riconosciuto nel 1779 ne aveva fatto/l’aveva resa al tempo del blocco/embargo continentale e della Guerra di Crimea la piazza di commercio più importante della Galizia. La proverbiale voglia/mania di grandezza degli ebrei di Brody, cui, a partire dal 1879, quando il privilegio era stato tolto, venne a mancare il presupposto, poteva essere in relazione con questa posizione speciale. Più tardi arretrò/diminuì il numero degli abitanti, nel 1890 era di circa 17.500, di cui più di due terzi erano ebrei, la più alta percentuale di popolazione ebrea di una città galizia in assoluto. Brody era il più importante buco per il contrabbando al confine, attraverso il quale non per ultimo venivano portate persone, emigranti privi di mezzi provenienti dall’Impero dello Zar. Brody era sede di un capitanato distrettuale, aveva una guarnigione (Ulani e cacciatori) , un castello, tre chiese principali, una sinagoga, un ginnasio umanistico, un po’ d’industria (un mulino a vapore, una filanda) ; soprattutto il ginnasio faceva della città un “avamposto della lingua e cultura tedesca” (Otto Forst de Battaglia), i cui giorni erano tuttavia già contati considerata la polonizzazione avanzata. Brody era un centro dell’Haskala, l’illuminismo ebraico.

Come il paese così anche la cittadina ebrea nell’est, lo “Schtetl” è stata descritta ripetutamente da Roth nella stessa tonalità dalla identica forma che suggerisce assenza di tempo. Una descrizione onnicomprensiva viene data dall’opera Ebrei erranti. In coda alla topografia ed alla struttura sociale Roth descrive in questo contesto dettagliatamente anche la vita religiosa degli ebrei. Nella Marcia di Radetzky l’accento della descrizione si pone sul carattere della cittadina come guarnigione al confine, sulla natura che la circonda e sul genere proprio delle persone formate dalle condizioni sociali :

Per ben diciassette ore il tenente Trotta rimase a sedere in treno. Alla diciottesima apparve l’ultima stazione ferroviaria posta più ad oriente di tutta la monarchia. (…) la caserma dei cacciatori si trovava nel bel mezzo della cittadina. (…) La primavera, già da lungo tempo di casa all’interno dell’Impero, era giunta qua solo da poco. Già risplendeva la pioggia dorata nei pendii/declivi dell’argine della ferrovia. Già fiorivano le violette negli umidi boschi. Già rumoreggiavano le rane nelle paludi infinite. Già volteggiavano le cicogne sui tetti inferiori di paglia delle casupole di paese, alla ricerca di vecchie ruote, fondamenta delle loro dimore estive.

Il confine tra l’Austria e la Russia , nel nordest della monarchia , era a quel tempo una delle zone più strane/singolari. Il battaglione dei cacciatori di Carl Joseph era sito in una località di diecimila abitanti. Aveva una spaziosa/ampia piazza circolare, nel cui punto centrale s’incrociavano due grandi strade. L’una conduceva da est ad ovest , l’altra da nord a sud. L’una portava dalla stazione ferroviaria al cimitero. L’altra dalle rovine del castello al mulino a vapore. Dei diecimila abitanti della città circa un terzo si nutriva/traeva da vivere dall’artigianato di ogni tipo. Un secondo terzo viveva non senza problemi del suo scarso fondo terriero. Ed il resto si occupava di una sorta/specie di commercio. (…) ogni commerciante era sempre pronto ad afferrare la merce che rispettivamente gli mandava il destino, ed anche ad inventare una merce, se Dio non gliene avesse regalata nessuna. La vita di questi commercianti era di fatto un enigma/rebus. Non avevano nessun negozio. Non avevano nomi. Non avevano crediti. (…) Trattavano piume da letto, setole di cavallo, tabacco, barre d’argento, gioielli (…) Segue una esoticamente graziosa raccolta di cose. Poi : Alcuni di loro trattavano persone, uomini in carne e ossa. Mandavano/inviavano i disertori dell’esercito russo negli Stati Uniti e le giovani contadine in Brasile e in Argentina. (…) A quel tempo i grandi signori a Vienna e a San Pietroburgo cominciavano già a preparare la Grande Guerra. La gente/le persone al confine la sentirono giungere prima degli altri (…) E nella monotonia lontano dal mondo e paludosa della guarnigione questo e quell’ufficiale finirono per cadere nella disperazione, nel gioco d’azzardo, nei debiti, oppure preda di loschi individui. I cimiteri delle guarnigioni di confine contenevano molti giovani corpi appartenuti a uomini deboli.

Dietro a tutte queste descrizioni sta , nonostante delle piccole deviazioni , la città natale/patria di Roth Brody. Bronsen si è imbattuto sempre di nuovo in riferimenti autobiografici nell’opera di prosa del poeta tutte le volte che si è messo ad interrogare / ad indagare sui contemporanei di Roth. Come tanti altri realisti Roth è un autore che può ricordare molto bene , diversamente espresso , che può difficilmente dimenticare. Quando lui racconta parla di sé stesso , del mondo che si è impresso in lui.


Alcune foto tramandate/trasmesse mostrano Roth da bambino, la più vecchia mostra lui all’età di circa tre o quattro anni. Ha una capigliatura piena/completa , scura , a riccioli , un viso ampio/largo e dei tratti morbidi e femminei. Un’altra foto mostra il bambino seduto su un cavallo giocattolo. Roth indossa un abito maschile/a tinta unita , scuro con un ampio colletto chiaro. Una terza foto mostra il bambino di nove anni con sua madre : lei è in piedi , lui è a sedere , i riccioli ora sono tagliati corti ( “taglio da arrogante/caparbio” ) , le mani raggiungono adesso le ginocchia , l’abito maschile mostra già il noto taglio , solamente che è un po’ più chiaro. Anche l’abito della madre ha un colletto ampio che finisce a punta (con cinturino chiuso in alto e toppa/pezza/pettorale a punta). La madre guarda un po’ verso sinistra , il figlio a destra , gli occhi vanno ognuno per conto suo. Ambedue guardano seri , l’atteggiamento/la posa della madre dà l’impressione di una certa saldezza e determinazione (compara pag. 18).

Nella rivista “ Il mondo letterario “ Roth ha narrato nel 1931 sotto il titolo Culla i suoi primissimi ricordi : Il primo evento vissuto di cui mi posso ricordare è molto lontano nel tempo. Tra questo e la catena più tarda, quasi ininterrotta di ricordi, la cui origine sarebbe da ricercare circa all’età del mio settimo anno di vita , c’è un’immensa distanza/immenso intermezzo d’oblìo così che quel primo evento vissuto risulta uguale ad un’immagine illuminata , incorniciata da oscurità , e dunque per così dire ancora più luminosa. Era un evento triste , in ogni caso uno che mi ha reso triste , per la prima volta nella mia vita triste (…)

In un modo che non permette in un primo momento nessuna via di fuga per il bambino la madre di Roth si legò a sé il piccolo Moses Joseph. Essa visse a Brody in maniera molto ritirata e custodì suo figlio con timore e gelosamente. La si vedeva in città solamente quando sbrigava le sue necessità oppure andava a passeggio con il bimbo. Quando Roth a sette anni fu preso a scuola , lei lo accompagnò là ogni giorno per mano , aspettava fino a che la lezione era finita e lo riportava per mano a casa. Con cura – riferiscono testimoni oculari : fino alla stravaganza – prestava attenzione all’aspetto esteriore proprio e a quello del figlio. Di certo non le doveva essere facile date le sue condizioni materiali. ( Roth ha narrato più tardi della povertà di cui loro hanno sofferto , dei pasti frugali , dei vestiti/abiti presi in prestito e ricevuti in regalo , non si è vergognato ad inventare la storia di un nonno che è stato lavatore di salme e che ha rappresentato l’unico rifugio dalla/della madre priva di mezzi.) I pensieri di lei erano indirizzati/tutti rivolti a non far conoscere/non far venire a sapere a Brody della macchia/pecca derivante dalla malattia del marito e padre assente e soprattutto di non far trapelare/penetrare/giungere ciò all’orecchio del figlio. In città si credeva che suo marito si fosse impiccato. Ella non fece nulla per contraddire questa diceria. Era più facile sopportare di quanto non lo fosse la verità stessa : era meglio – anche per i parenti – essere un omicida che un “ matto/pazzo “, un uomo visibilmente punito da Dio.

Roth crebbe presumibilmente senza la compagnia di altri bambini. Dovette rinunciare non solo al padre , ma anche a fratelli e sorelle e coetanei.

Negli anni più avanti si mostrò in modo crescente quanto fosse problematico il rapporto con la madre. Nelle lettere giovanili salta subito all’occhio la cortesia formale e la rigidezza costretta dell’espressione , che determinano le poche parole sulla madre. La cara mamma dorme già e saluta. La rinnovata convivenza a Vienna causata dalla guerra durante il periodo di studio di Roth sembra aver incrementato ulteriormente le difficoltà già presenti tra madre e figlio. L’opera di Roth tratta il rapporto madre-figlio visibilmente in modo sporadico. Una eccezione è data dal tardo romanzo La cripta dei cappuccini. L’Io del narratore invischiato in una complicata relazione amorosa – complicata perché vergognosa e vera in un ambiente decadente e frivolo – racconta/riferisce : Pensavo di tanto in tanto di fare di mia madre la propria confidente. Ma io la ritenevo allora , quando ero ancora così giovane , incapace di comprendere i miei problemi. La relazione , che io avevo con mia madre , non era infatti vera/autentica ed originale , bensì il pietoso tentativo d’imitare il rapporto che i giovanotti/giovani uomini avevano con le loro madri. Agli occhi di questi non erano infatti delle vere madri , bensì una specie di seni (…) Ma io ho provato durante la mia vita una vergogna quasi sacra per mia madre ; ho solo sempre soffocato questo sentimento. E : Volgevo lo sguardo sul suo grembo , sul quale lei ripiegava il tovagliolo , e pensavo , raccolto , ma al contempo anche pieno di rimprovero , che là si trovava l’origine della mia vita , il caldo grembo , la cosa più materna di mia madre , e mi meravigliavo che io potessi stare a sedere al suo cospetto così muto , così caparbio , sì, così indurito , e che anche lei , mia madre , non trovasse alcuna parola per me , e che si vergognasse palesemente di suo figlio adulto, divenuto tale troppo velocemente ugualmente come io di lei per il fatto di essere divenuta vecchia troppo velocemente , lei che mi aveva regalato la vita. (…) Forse , probabilmente , si era anche lei rassegnata alla eterna e crudele legge della natura , che costringe i figli a dimenticare presto la loro origine ; a considerare le loro madri come vecchie signore ; a non pensare più ai seni dai quali hanno ricevuto il loro primo nutrimento ; legge costante che costringe anche le madri a vedere i frutti del loro proprio corpo divenire sempre più grandi e sempre più estranei ; dapprima con dolore , poi con amarezza ed infine con rinuncia. Negli anni seguenti la Guerra Mondiale Roth si è preoccupato davvero poco di sua madre , non le ha più nemmeno fatto visita. Quando lui dopo una lunga fase di silenzio le scrisse dei suoi progetti di matrimonio questa si dichiarò contraria. Nella primavera del 1922 , non molto prima che avesse luogo il matrimonio , ella si dovette sottoporre ad una operazione di cancro ; quando giunse il figlio lei stava già morendo. Stefan Fingal racconta che a Roth su propria richiesta fosse stato permesso di vedere l’utero della morta che era stato custodito dopo l’operazione.

Nella lettera già citata fortemente misticheggiante in occasione del 50° compleanno di Gustav Kiepenheuer Roth dà anche un autoritratto del suo periodo giovanile a Brody. Secondo questo lui era un giovanotto/giovincello particolarmente bravo , pieno di cattiveria sorniona e riempito di veleno ; modesto di arroganza , amareggiato contro/nei riguardi dei ricchi , ma senza solidarietà con i poveri. Mi sembravano scemi e goffi. Inoltre avevo paura di ogni esternazione/affermazione volgare. In questa occasione si pensa già in modo non pronunciato ai primi anni del ginnasio. Lo sviluppo di sentimenti e modi di comportamento da persona appartata/da outsider dovette tuttavia aver cominciato presto. Vengono annotate anche esteriorità che confermano la propria particolarità : In un’età delicata in cui gli altri vanno a studiare viaggiavo già in tram. In chiusura : Il tempo che trascorrevo/passavo da mia madre era quello più felice per me.

Roth è andato a scuola nel 1901. Fino ad allora per i bambini ebrei dell’est c’era stato solo il Cheder che rappresentava ancora pur sempre la forma di scuola prevalentemente più diffusa. Nell’opera Ebrei erranti si racconta : Essi vengono educati negli oscuri/scarsamente luminosi Cheder. Imparano la dolorosa assenza di vedute/prospettive della preghiera ebrea all’inizio dell’età infantile ; l’appassionata lotta con un Dio che punisce di più di quanto ami , e che segna col gesso/fa pagare un godimento come un peccato ; il duro dovere. Inoltre imparano a cercare l’astratto con occhi giovani che sono ancora affamati di punti di vista/opinioni. Roth invece fu mandato in una scuola comparativamente/a mò di paragone/relativamente emancipata , nella cosiddetta scuola comunale/della comunità ebrea di nuova fondazione , che ringraziava per la sua nascita la fondazione del 1891 “ Fondi scolastici di Hirsch in Galizia “. Le scuole popolari/elementari Barone Hirsch erano riconosciute statalmente , pubbliche e gratis. Il corpo insegnanti era interamente ebreo , la lingua in cui venivano fatte le lezioni era il tedesco. Anche come materia il tedesco era favorito/veniva preferito essendo previste due ore al giorno di questo. Come lingue secondarie venivano studiati anche il polacco e l’ebraico.

Il direttore di questa scuola elementare/popolare , che proveniva da Maehren , era un laureato. Fu data rinomanza che l’insegnante di tedesco , che proveniva da Brody , era in grado di interpretare il “ Faust “ in quattro commentari indipendenti l’uno dall’altro. Tutto il “ Pentateuch “in ebraico fu tradotto in tedesco dai studenti in quattro anni dopo lo studio della grammatica , ad eccezione dei passi che non si ritenevano adatti per gli usi e i costumi.

Se si richiama alla mente il mondo dal quale Roth proveniva e la sua futura professione letteraria , allora questa scuola era un buon inizio per lui. Roth stesso non si è mai espresso direttamente riguardo agli anni trascorsi alla scuola comunale/della comunità ebrea. Si presume che non abbia conservato/preservato alcun ricordo positivo di questa. Nel 1920 prese posizione quasi a mò di confessione in un lavoro/contributo per il “ Nuovo giorno “ riguardo al tentativo di riforma pedagogica. Egli scrive con uno sguardo rivolto al passato :

Dalle otto alle nove matematica , dalle nove alle dieci tedesco , dalle dieci alle undici – come è stata costretta/infilata tutta la nostra fanciullezza nei comparti delle materie di un orario delle lezioni , come è stata suddivisa la nostra vita ,come è stata razionata la nostra gioia innocente a dieci minuti di pausa tra due ore di tortura! Fuori poteva piovere a catinelle , fare un temporale , poteva esserci un terremoto , scoppiare una rivoluzione , verificarsi un assassinio del re – nella scuola/aula non cambiava nulla : dalle otto alle nove matematica , dalle nove alle dieci tedesco – Così la scuola divenne un luogo di martirio , ogni mossa verso/incitamento alla libertà un’infrazione , la bugia e l’ipocrisia vennero ripagate in maniera ferrea nei “ costumi “, furono allevate/tirate su ipocrisia e bigottaggine. Da quelle scuole venne fuori una genìa di amareggiati , minorati ed ubbidienti ciechi , persone dipendenti e persone arbitrarie , attendenti e tenenti ussari. E raramente , molto raramente si ebbero persone libere.La scuola era una specie di caserma. Le lezioni di vecchio stile consistevano di esercizi delle articolazioni spirituali/mentali. E “ il far di sì/annuire con la testa “ era la cosa più importante. ( “ Classi sperimentali “. Per la riforma scolastica di Otto Gloeckel )

Nell’autunno del 1905 Roth entrò al ginnasio imperiale intitolato a Rodolfo, principe alla corona, che frequentò fino alla maturità del 1913.

Questo istituto era accanto al ginnasio di Lemberg l’unico ginnasio tedesco di tutta la Galizia. Tuttavia Roth apparteneva all’ultimo anno la cui lingua di lezione era ancora in maniera assoluta il tedesco ; dopo/in seguito si è passati annualità per annualità al polacco come lingua in cui venivano svolte le lezioni. Mentre in Lemberg frequentavano il ginnasio molti figli d’ufficiali e di funzionari, a Brody circa la metà dei 700 studenti era ebrea. Nella classe di Roth gli ebrei erano persino due terzi , invece i professori ebrei erano nella scuola una minoranza. Il ginnasio di Brody aveva la fama di essere una scuola dura/severa. Come a Lemberg gli studenti indossavano delle uniformi , dei galloni al colletto contrassegnavano l’anno scolastico. I soldi per la scuola costituivano per le famiglie senza mezzi un grave problema. Roth affermò più tardi di aver avuto una borsa di studio. Non ci sono documenti che lo provano. Bronsen considera l’indicazione come non credibile a causa del ricco tutore.

Erano gli ebrei a cui bisognava in prevalenza ringraziare se ai margini orientali della monarchia la cultura tedesca veniva curata , ed il luogo più importante di formazione per questa era il ginnasio. Molti testimoni – da Karl Emil Franzos fino a Stefan Zweig , per citare solo i più noti tra gli scrittori – raccontano/riferiscono dell’importanza della lingua e letteratura tedesca per gli ebrei nell’Europa orientale. Per l’ebreo dell’est la Germania è ancora sempre il paese di Goethe e Schiller , dei poeti tedeschi , che ogni giovincello ebreo assetato di conoscenza conosce meglio di dei nostri studenti croce-uncinati del ginnasio , si dice ancora nell’opera Ebrei erranti. Accanto ad una formale formazione di base – che aveva già cominciato nella scuola comunale/della comunità ebrea – Roth ricevette nella lezione di tedesco del professore Max Landau, da lui onorato/venerato, gli stimoli decisivi per il suo dedicarsi/rivolgersi alla letteratura. Lo stesso Landau componeva poesie. Era un pedagogo molto dedito ed una persona che pensava umano, che si manteneva/stava al di sopra delle querele nazionali e confessionali, sebbene oppure perché egli stesso aveva avuto a soffrirne : ebreo polacco quale egli era , polonista fin dai suoi primi studi , deve aver fallito – perché ebreo! – agli esami e poi aver cambiato/essere passato a germanistica. Landau riconobbe il talento di Roth e lo incoraggiò a scrivere.

Ero uno studente eccellente (…) Mi piegai alle insuperabili forze , e poiché non mi potevano nuocere , mi sentì/sentivo libero , ha annotato Roth nel 1919 nei suoi appunti autobiografici. Era primo e si distingueva soprattutto nelle materie filologiche. Non si può dire con sicurezza quali opere di quali autori Roth abbia allora letto e particolarmente stimato. Ci sono tuttavia dei punti fissi : Soprattutto bisogna citare Heine , sul quale si è ripetutamente espresso con ammirazione , sì diciamo pure con amore : malato della Germania e malato di nostalgia di casa , perduto e lunatico , geniale ed estraniato figlio chiama Heine nell’opera Confessioni alla/sulla Germania , scritta nel 1931 e già adombrata dalla catastrofe politica che si stava avvicinando ; nell’articolo La formula magica di Merseburg , nato nel 1930 , viene esorcizzata la personalità immortale di Heine. Nel periodo di studio al ginnasio Roth deve aver letto ad alta voce dal libro “ Le Grand “ con forte entusiasmo ; Heine era il modello per le sue poesie di allora. Da Roth stesso sappiamo che egli stimava Goethe e Schiller , Shakespeare , Lessing e Holderlin. Deve aver saputo a memoria grandi parti del “ Faust “ ed essersi espresso in conversazioni tenute in classe sul “ Laokoon “ con acuto intelletto/con acume : per Shylock provava compassione in senso tragico. Landau gli fece leggere il Petrarca per addestrarlo nel senso della forma , poiché riteneva che Roth si dovesse disciplinare/avesse bisogno di maggiore disciplina. Riguardo alla conoscenza di autori contemporanei egli era probabilmente meno ben messo , ma Roth viveva in una famiglia senza tradizione letteraria e lontano dai centri del mondo moderno. In una lettera di ringraziamento ad Hermann Hesse Roth scrive nel 1934 di aver già nella sua fanciullezza onorato/venerato i suoi libri , e nel 1937 in un’altra lettera lo chiama poeta della mia giovinezza.

Lui stesso scrisse poesie e fiabe dove risuona/si sente spesso il motivo di Turandot. Allora Roth credeva non solo nel suo talento , bensì nella sua fortuna. Appassionato/nostalgico penetrava/si spingeva nel futuro , fuori/all’aperto. La vita quotidiana di Brody lo vedeva invece ancora sempre come un uomo/una persona solitario , schivo , giovane e delicato. I suoi compagni di scuola sentivano/percepivano il suo essere diverso , soffrivano certo/probabilmente anche la sua superiorità. Con uno di questi , che abitava dai Roth come sottoinquilino , fece delle escursioni nei dintorni di Brody.

Sui punti di vista religiosi dello studente ginnasiale dà notizia uno scritto più tardo risalente all’anno 1919 :

Per due anni , dal mio quattordicesimo al sedicesimo anno di vita , sono stato un ateista. Volgevo lo sguardo su al cielo e sapevo che questo consisteva di aria dal colore blu. Ma non avevo affatto notato/non mi era per nulla accorto che Dio non era sparito , si era solo per così dire trasferito , dal cielo in una qualsiasi altra parte , non sapevo dove , probabilmente nelle mie vicinanze. Che nessuno governasse il mondo era per me palese. Ma che uno/qualcuno sorvegliasse il mio proprio cammino , questo lo sentivo. Pregavo spesso e le mie preghiere erano molto brevi. Consistevano di un pensiero , sì solo di un’idea. Colui al quale indirizzavo le mie preghiere aiutava sempre , non puniva mai. Sì, io non mi vergognavo , a chiedergli il suo sostegno/appoggio nelle mie imprese non nobili , quasi delinquenziali , ma in ogni caso peccaminose. Egli prestava il suo aiuto anche in questi casi. Lo avrei sempre rinnegato. Ma tanto più con zelo credevo in lui. Lui era là, come una verità. Solo due anni più tardi Dio , che avevo sempre usato solo per me , crebbe a Dio del mondo e Signore dell’universo. Che mi era benevolo , per così dire per cameratismo , lo sapevo. Non lo temevo. Avevo fiducia in lui. E se mi accadeva qualcosa di brutto non era una punizione rivolta a me , bensì una grazia a me ancora nascosta e mascherata.

Roth non era studente di pregio/valore in tutte le materie del ginnasio. A matematica falliva spesso ; la lezione in questa materia non amata gli divenne un tormento/una sofferenza grazie/per merito del professore , un ruteno alcool-dipendente. Anche per le materie polacche , le “ Krajòwka “ Roth non fece molto , poiché le sue simpatie per l’Austria fecero di lui un avversario/oppositore del movimento nazionale polacco e questa avversione si trasmise alla lingua. Comunque egli ha scritto allora e più tardi anche poesie in polacco. (Ingeborg Sueltemeyer ha stampato una poesia d’amore del genere di canto popolare ad una principessa.)

Nel Maggio del 1913 ricevette la pagella della maturità con la scritta “ sub auspiciis imperatoris “. Roth dette/passò gli esami di maturità con il massimo dei voti. Alla fine era stato in concorrenza con uno studente ebreo , il figlio di un ricco possidente terriero. Il colpo decisivo a vantaggio/a favore di Roth nella discussione del collegio deve essere stato dato dall’argomento del direttore , “ Schapiro (il concorrente) siederà negli anni a venire nei locali da caffè ed ogni giorno leggerà una serie di giornali. Nel primo giornale di Vienna – la “ Neue Freie Presse “ troverà proprio i lavori che saranno stati scritti da Moses Joseph Roth i più degni di essere letti/di grandissimo valore.”

Per lo studente ginnasiale Lemberg , luogo dove lui trascorre regolarmente le ferie a casa di suo zio , rappresenta/è la porta sul mondo ed il campo d’azione/campo di gioco di volute/solerti vanità. Alle cugine lemberghesi Resia e Paula sono indirizzate le prime lettere inviate dal giovane Roth. Un conoscente di Brody , il Kristianpoller , che deve visitare il capoluogo di regione nel 1911 , pettina i suoi capelli e lava i suoi pantaloni già da tre settimane. Tutto per Lemberg , mentre ancora una lettura privata occupa lo scrittore , poiché lui è uno studente di pregio/valore che ha più impegni. (In Tarabas compare un Nathan Kristianpoller in qualità di oste/padrone di casa ebreo.) Resia ha evidentemente/palesemente commesso l’errore d’esprimere preoccupazioni su una possibile imminente guerra. Essa non aveva torto : Gli storici scrissero sulla crisi del Marocco , l’Italia s’impossessò della Libia , nell’area dei Balcani minacciavano i conflitti più gravi. Muniu Faktisch , formato e deformato in maniera umanistica , protetto dalla realtà bonariamente dal ginnasio , rimprovera Resia : Non capisco perché tu hai così paura della guerra. Sembra che non fai altro che pensarci tutto il giorno.

Un anno dopo , in occasione del suo diciottesimo compleanno , ringrazia Resia per aver preso parte ai progressi della sua arte di far poesia ed accompagna la lettera con dei versi (dissemino fiori , rose profumate , / abbine riguardo ed accoglili! - / Quando le morbide arie si scambiano carezze (…). Egli non ha bisogno di temere l’esame di maturità : Ora è presto finito l’intero anno e la maturità e tutte le pene e le spiacevolezze/seccature dei banchi di scuola ed io passo a vivere la grande , la più grande di tutte le scuole. Spero tanto di frequentare anche questo istituto con un sacco di successo.

A Lemberg Roth cominciò i suoi studi all’università nel semestre invernale 1913/14 , ma lo fece , come Bronsen ha reso credibile , solo a titolo nominale per passare a/cambiare il più presto possibile a Vienna. La lingua in cui venivano svolte le lezioni all’università di Lemberg era dal 1871 il polacco – ciò sarebbe potuto essere meno invitante per un futuro germanista ed in particolar modo per Roth. Poi tra l’altro il fulgore della “ Piccola Vienna “ – come si chiamava allora scherzosamente Lemberg – poteva impallidire nell’immaginazione di Roth davanti al carisma della vera Vienna. Del resto lui soffriva/pativa allora in modo particolare per la presenza di suo zio Siegmund. Dal 2 al 9 Settembre prese parte , sembra come corrispondente , all’ XI congresso sionista a Vienna , nel quale furono tra l’altro trattati i problemi degli studenti ebrei dell’est. Ci sono punti fissi che fanno ritenere che Roth allora sia rimasto subito a Vienna.

Dapprima aveva fatto una conoscenza per lui importante. A casa dello zio Siegmund , nell’Ulica Hofmana , viveva in affitto Helene von Szajnocha-Schenk , la donna divorziata di un professore universitario di Cracovia. Nata nel 1864 , aveva allora 49 anni. (Ella disse di essere 300 anni più giovane di Shakespeare/di avere 300 anni meno di Shakespeare.) Bronsen la descrive come una donna dai sentimenti fini ed esperta di letteratura , “ una fumatrice incallita , scettica e ricca di spirito che dava lezioni di francese , accoglieva tutti gli ospiti stando a letto e risaltava molto dalle persone che la circondavano “. E’ comprensibile che il diciannovenne Roth rimanesse profondamente impressionato da lei. Jòzef Wittlin ha testimoniato che la signora von Schenk ha esercitato una continua influenza su Roth , che ella – così come Wittlin – chiamava “ figlio “ e dal quale si faceva chiamare “ madre “. Ancora nel 1937 , quando/allorchè Roth si trattenne a Lemberg per l’ultima volta , ha fatto visita alla signora von Schenk insieme alla sua fidanzata di allora , Irmgard Keun.

Autotestimonianze risalenti al periodo di permanenza a Lemberg nel 1913 sono così poco tramandate come quelle che risalgono al periodo ancora precedente. Ad un parente di Lemberg lui rispose allora alla domanda perché scrivesse così tanto in questo modo : Affinché venga la primavera! Ci si può ben immaginare lui nella Karl-Ludwig-Strasse , là c’era il corso degli ufficiali austriaci (…) Qui si sentiva sempre parlare tedesco , polacco , ruteno e nelle vicinanze del teatro , che confina all’estremo lato inferiore con la strada la gente parlava jiddisch. Parlavano sempre così in questa zona. Durante la guerra Roth dovette far ritorno in città come soldato , e nel dopoguerra come giornalista. Posta/situata alle sponde di un affluente del Bug , circondata da montagne ricoperte da boschi , etnograficamente parlando un’isola polacca in territorio ucraino , Lemberg aveva già goduto di una posizione privilegiata nel vecchio regno di Polonia. Sotto gli Asburgo si era sviluppata a metropoli di nordest dello stato danubiano : una città architettonicamente ricca e curata , sede dell’amministrazione , e dell’alto clero di diversi gruppi cristiani , della nobiltà più elevata e di ricchi commercianti ebrei. Più di un quarto della popolazione era ebrea. (Al crollo dell’Austria seguirono dei pogrom.) Sotto il profilo militare Lemberg era accanto alle fortezze/roccaforti galizie di Przemysl e Cracovia del tutto insignificante , solo debolmente fortificata (e perciò non ebbe a patir molto in guerra), ma era sede di un reparto/distaccamento e luogo dove stazionava una grande guarnigione.

I conflitti nazionali in Austria-Ungheria non risparmiarono neppure Lemberg. Fu proprio là che nel 1908 il governatore della Galizia , il conte Andrzej Potockì , uno dei più influenti magnati del paese , che aspirava ad un accordo tra la Polonia e l’Ucraina , fu ucciso con arma da fuoco dallo studente ucraino Siczynski per strada – un preludio all’attentato di Sarajevo.

Come seconda parte della sua serie/sequenza di articoli Viaggio attraverso la Galizia Roth ha descritto nel 1924 la Lemberg diventata nel frattempo polacca. Per lui è ormai la città dei confini cancellati. La propaggine più orientale del vecchio mondo imperiale e regale. Dietro Lemberg comincia la Russia (…) La ben più occidentale Cracovia è meno austriaca. (…) Tra Vienna e Lemberg c’è ancor’oggi , come è stato del resto sempre , uno scambio radiofonico della cultura. (…) L’unità nazionale e linguistica può essere un punto di forza , la varietà nazionale e linguistica lo è sempre. (…) Lemberg (…) è una macchia colorata nell’est dell’Europa , là , dove ancora non inizia affatto a diventare colorato. La città è una macchia colorata : bianco rosso , giallo blu ed un po’ giallo nero. Non saprei a chi potrebbe nuocere. (…) E’ come la prima giovinezza di una varietà di colori. Giovani contadine con cesti percorrono la strada maestra su carri da contadini , il fieno emana profumo. Un organista a manovella suona/recita un canto popolare. Paglia e segatura sono cosparsi lungo tutto il ciglio della carreggiata. Le signore che si recano alla pasticceria indossano le ultime toilettes provenienti da Parigi , abiti che hanno già la pretesa di essere delle “ creazioni “. Nelle strade laterali si spolverano i tappeti. (…) La città si democratizza , si semplifica , diventa umana , e sembra che queste qualità siano connesse con le loro tendenze cosmopolite. La tendenza all’esteso/ampio è sempre contemporaneamente una volontà verso una obiettività fine a sé stessa. Non si può essere solenni se si è vari. Il sacrale stesso diventa qui popolare. Le antiche/vecchie grandi chiese fuoriescono dalla riserva del loro sacro scopo e si mescolano con/tra il popolo. Ed il popolo è credente. Accanto alla grande sinagoga fiorisce il commercio da strada degli ebrei. I commercianti si appoggiano ai suoi muri. I mendicanti stanno accovacciati davanti ai portali delle chiese. Se il nostro caro Signore giungesse a Lemberg ci arriverebbe a piedi attraverso la “ strada delle legioni “(la Karl-Ludwig-Strasse di una volta).

In modo quasi profetico , se si legge con gli occhi di oggi , si dice inoltre in questa immagine di viaggio : le città nascondono molto e rivelano molto (…) , ognuna ha più tempo di un reporter , di un uomo , di un gruppo , di una nazione. Le città sopravvivono alle popolazioni/ai popoli a cui devono la loro stessa esistenza , ed alle lingue , nelle quali si sono intesi/fatti capire i costruttori edili di queste. L’espressione austriaca di Lemberg era già diventata storia. Non sarebbe passato ancora molto tempo ed anche l’ebreo , poi il polacco sarebbero appartenuti al passato.

Traduzione dal tedesco all’italiano de La Marcia di Radetzsky di Joseph Roth da parte di Gianni Casoni ( pagg. 9 – 25 )

www.tedescotraduzioni.com

Nessun commento:

Posta un commento