sabato 14 maggio 2011

Saggi (IV parte) L'immagine dell'Austria nella "Marcia di Radetzky"

Werner G. Hoffmeister

„Un genere molto particolare di simpatia“ – Stile narrativo e descrizione dei pensieri nella “Marcia di Radetzky”

Traduzione dal tedesco all’italiano di Gianni Casoni.

Ora è tuttavia noto che Joseph Roth negli anni trenta tendeva ad essere sempre più di vedute conservatrici e monarchico legittimiste e che di fronte al dilemma politico del tempo sosteneva la restaurazione della monarchia. Tuttavia ciò non ci dovrebbe portare a dire erroneamente che lo scrittore Joseph Roth avrebbe scritto la MARCIA DI RADETZKY con l’intenzione di idealizzare melanconicamente il tramonto della monarchia. L’immagine dell’epoca che viene schizzata nella MARCIA DI RADETZKY è invece una straordinaria sintesi del senso storico di Roth e del suo senso per la forma artistica. Considerata pure tutta la personale simpatia che Roth ha espresso nei riguardi di questo oggetto lui ha voluto trattare questo oggetto – la cultura da cui lui stesso proveniva – con una obiettività e distanza da narratore, cosa che rende il romanzo non solo un “ grande canto del cigno sulla vecchia Austria “ bensì al contempo un ritratto d’epoca spietatamente critico, sì in parte anche satirico nel quale l’autore esprime una condanna a morte della vecchia cultura.

Il tempo in cui “ Dio ritirò il credito alla Cacania,” certo viene trattato da Roth non del tutto con l’aggressività satirica che caratterizza l’opera Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus, e nella MARCIA DI RADETZKY non domina nemmeno la critica ideologica saggistica del pensiero di massa che Robert Musil ha esercitato nell’opera L’uomo senza qualità. La critica sociale di Roth, realistica e del tutto legata all’oggetto della narrazione è invece piuttosto simile a quella di Hermann Brochs nell’opera Pasenow o il romanticismo. Se si volesse puntare il dito sugli avi di Roth che similmente a lui traggono fuori dai personaggi e dal loro ambiente la rappresentazione critica del periodo imperiale, allora bisognerebbe citare Arthur Schnitzler e Theodor Fontane. Con il primo lui ha in comune lo sguardo psicologico affinato, con il secondo l’arte della descrizione dell’ambiente.

L’ “obiettività del narratore” e la distanza critica con cui Roth crea il mondo della MARCIA DI RADETZKY si lascia riconoscere nel miglior modo nella maniera in cui il narratore riproduce i flussi di pensiero e gli stati di coscienza dei suoi personaggi. Si constata che l’atto dell’identificazione immedesimatrice con il personaggio risulta per lo più al contempo un atto di presa di distanza critica in cui il narratore mantiene la sua capacità di riflessione e dà ad intendere al lettore certe riserve nei riguardi del personaggio. Ciò vale in particolar modo per le molte descrizioni degli stati di coscienza dedicate ai due protagonisti. Poiché i due personaggi, tanto Carl Joseph quanto suo padre, sono dei personaggi passivi, riflessivi ed introversi vengono caratterizzati meno da un’agire positivo che da reazioni interiori su circostanze ed eventi particolari. Come figure statiche, a cui non è concesso alcuno sviluppo vero e proprio o maturazione, questi vengono definiti più attraverso la loro vita interiore che attraverso azioni o avvenimenti.

“Ha vissuto in prima persona tristi eventi, ma non ne ha tratto vantaggio” (177)7 – così giudica la signora von Taussig il suo amante, Carl Joseph, e sembra con ciò parlare anche per il narratore, poiché verso la fine del romanzo, quando Carl Joseph ha alle spalle la maggior parte “degli eventi che ha vissuto in prima persona” , suona come una conferma di questo giudizio quando il narratore si rivolge al lettore in un commento diretto e dichiara: “Il tenente Trotta non aveva fatto ancora molte esperienze nella sua vita” (248). L’arroganza critica con cui il narratore parla qui del suo protagonista è caratteristica dell’atteggiamento narrativo e si trova anche in molte descrizioni dei pensieri di Carl Joseph. Quando il giovane cadetto durante le ferie si mette ad ascoltare nella casa paterna la musica militare domenicale il lettore riceve per la prima volta visione interna nei pensieri acquisiti di Carl Joseph sulla famiglia imperiale, la professione d’ufficiale e la morte da soldato:

Carl Joseph stava nascosto dietro il fitto fogliame della vite della terrazza accogliendo

la musica della cappella militare come un omaggio. Si sentiva un po’ imparentato con

gli Asburgo il cui potere era qui rappresentato e difeso da suo padre e per il quale lui

stesso sarebbe dovuto una volta partire, alla guerra e verso la morte. Conosceva i nomi

di tutti i membri delle casate più alte. Li amava tutti quanti sinceramente, con un cuore

devoto da fanciullo, prima di tutti gli altri l’imperatore, che era d’animo buono e grande,

sublime e giusto, infinitamente lontano eppur così vicino e particolarmente affezionato

agli ufficiali dell’esercito. La cosa più bella sarebbe stata morire per lui mentre veniva

intonata una musica militare, il più facilmente con la Marcia di Radetzky.(23)



Il narratore passa quasi impercettibilmente dalla prospettiva di veduta esterna a quella di veduta interiore. Alla prima frase tenuta ancora in forma di resoconto segue la riproduzione indiretta dei pensieri trasmessa dal narratore (“Si sentiva …”), quindi dalla terza frase in poi la riproduzione dei pensieri non mediata nella forma del discorso vissuto. Indipendentemente dalla situazione le frasi ridate nel discorso vissuto si lascerebbero interpretare anche come constatazioni dell’autore, tuttavia la loro posizione induce il lettore ad ascriverle al campo di coscienza di Carl Joseph. Ma la voce del narratore rimane chiaramente percepibile anche nel discorso vissuto; il sottotono critico arrogante che relativizza le idee di Carl Joseph si rivela in modo particolare nell’ammassarsi degli aggettivi riferiti all’imperatore “benevolo … sublime … giusto” e si scopre a pieno nell’ironia pungente dell’ultima frase. Il soggetto “si”, che qui rappresenta Carl Joseph ed i suoi simili, allude umoristicamente al fatto che il quindicenne fantasticante patriota si sente membro di una comunità superiore. Al passo di testo citato segue, sempre nel discorso vissuto, una riproduzione ricca di aggettivi e di allitterazioni dell’idea che Carl Joseph si fa della sua morte drammatica da eroe – un’anticipazione parodistica della sua vera morte che lui sperimenta più tardi in prima persona in circostanze davvero prosaiche, anche se tra le note immaginate della Marcia di Radetzky.

Per il modo di narrare che compare nel passo di testo citato è decisivo il fatto che il narratore si senta certo da una parte dentro il suo personaggio facendo presente al lettore lo stato di coscienza di questo, ma che egli d’altra parte in questo atto d’identificazione conservi la sua identità in qualità di narratore che giudica e dà la sua propria valutazione mostrando in contatto col lettore le sue riserve critiche nei riguardi del personaggio. Il narratore non si abbandona senza riserve ai pensieri ed i sentimenti di Carl Joseph, ma rimane un referente critico. Nonostante il rapporto intimo il narratore mantiene i suoi propri valori al di fuori e al di sopra del suo personaggio. Nel caso citato le ribollizioni patriottiche del giovane cadetto vengono sì rappresentate in certo qual modo con piena comprensione, tuttavia vengono al contempo smascherate come proprie del periodo della pubertà e di cliché. Il passo citato è una parte dell’esposizione del romanzo in cui vengono rappresentati gli avvenimenti caratteristici della fanciullezza di Carl Joseph e l’atmosfera presente nella casa paterna. Due motivi essenziali che accompagnano l’intera trama del romanzo e che sono caratteristici del mondo dei pensieri e dei sentimenti di Carl Joseph compaiono qui già in forma compressa: il motivo della Marcia di Radetzky ed il motivo della morte. Ambo i motivi sono legati alla figura dell’imperatore.

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