martedì 17 maggio 2011

Saggi (V parte) L'immagine dell'Austria nella "Marcia di Radetzky"

Werner G. Hoffmeister

„Un genere molto particolare di simpatia“ – Stile narrativo e descrizione dei pensieri nella “Marcia di Radetzky”

Traduzione dal tedesco all’italiano di Gianni Casoni.

Anche là dove Carl Joseph viene coinvolto nella trama del romanzo, dove nella sua avventatezza ed ingenuità s’invischia nel caso d’onore del suo amico, il medico di reggimento dott. Demant, il narratore lo mostra prevalentemente dall’interno, e più precisamente come personaggio che riflette, fantastica e prova compassione. Come così spesso quando Carl Joseph è sconcertato, emerge la figura d’obbligo del nonno nella sua immaginazione: “Che cosa avrebbe fatto l’eroe di Solferino in questa situazione?” (90).Il lettore non può fare a meno d’intendere questo pensiero che ritorna in modo forzato come ironico rimando del narratore all’impotenza di Carl Joseph. L’unica azione nella quale Carl Joseph si mostra deciso è quando in una lettera informa suo padre sugli avvenimenti. Dopo si dice laconicamente:”Ora sembrò al tenente di aver superato il momento più difficile” (90). Il giovane tenente ulano non fa alcun tentativo, agendo – un po’ da mediatore – d’intervenire nel caso provocato da lui, si dà invece a lamenti egocentrici sull’ingiusto destino. I suoi pensieri che lo tormentano culminano nell’idea che la morte lo perseguiti nel suo cammino di vita: “Come le pietre miliari sulla via di altre persone sulla via di Trotta giacevano le pietre sepolcrali! Lui era certo che non avrebbe mai più rivisto l’amico proprio come non aveva più rivisto Caterina. Mai più! Davanti agli occhi di Carl Joseph si stendeva questa parola senza sponda né confine, un mare morto di sorda eternità. Il piccolo tenente strinse il debole bianco pugno contro il grande ingranaggio nero che faceva rullare avanti le lapidi “(91). In questo passo percepiamo di nuovo non soltanto Carl Joseph, bensì anche il narratore ironico, passo in cui si mescolano il discorso vissuto ed il resoconto di pensiero. L’intensità dell’espressione dei sentimenti ed il metaforismo ad alta tensione devono venire ascritti al campo del vissuto di Carl Joseph; proprio per il fatto che il narratore riproduce lo stile di pensiero di Carl Joseph in modo referente questi finisce per distanziarsi interiormente da lui, ed al lettore viene fatto capire che gli si presenta davanti a sé un’autodrammatizzazione patetica di Carl Joseph legata alla situazione. Alla fine la superiorità del narratore viene pronunciata apertamente nell’arrogante constatazione:” Il piccolo tenente strinse il debole pugno bianco …” Poco dopo il narratore fa ripetere a Carl Joseph questo gesto: “Strinse il suo pugno, andò alla finestra per alzarlo al cielo. Ma invece alzò solo i suoi occhi “ (91). L’interiore stato d’agitazione di Trotta finisce con questo gesto sostitutivo che per il lettore rappresenta un segno della sua debolezza ed impotenza. Il narratore porta il suo personaggio all’esagerazione e all’autodrammatizzazione non solo nello stile di pensiero e nella mimica, anche nei contenuti lo corregge: poco più avanti fa incontrare Carl Joseph col dott. Demant, in questo frangente l’enfatico “Mai più!” di Carl Joseph viene effettivamente ripreso indietro.

Questo stratagemma narrativo, mettere in bocca al personaggio un’affermazione presumibilmente errata e con ciò richiedere al lettore un atteggiamento critico, si trova spesso nel modo più effettivo durante la scena nella quale Carl Joseph si gode la magnificenza e la fastosità del Corpus Domini a Vienna e dalla magnificenza esterna dello spettacolo trae la conclusione sulla forza vitale della monarchia: “No, il mondo non era finito, come Chojnicki aveva detto, si vedeva con i propri occhi come vivesse ancora!” (181). Il narratore segnala al lettore che Carl Joseph è vittima di un’illusione ottica.

I desideri, le nostalgie e le illusioni di Carl Joseph vengono riferiti dal narratore in modo ugualmente così critico come i suoi problemi e le sue depressioni. La triste e monotona esistenza del tenente nella provincia orientale dell’impero va avanti senza avvenimenti degni di nota che avrebbero la funzione d’accendere la sua gioia di vita e le sue speranze. Solo la sua relazione con la signora von Taussig gli dà di tanto in tanto motivo per un giudizio positivo sulla sua esistenza ed il suo proprio valore.

Sì, è così che iniziò ciò che lui chiamava “vita”, e ciò che a quel tempo era forse anche
vita:il viaggio nella comoda vettura tra gli intensi odori della primavera matura, a
fianco di una donna dalla quale si veniva amati. Ognuno dei suoi sguardi delicati gli
sembrava giustificare la sua giovane convinzione di essere un uomo eccellente dalle
tante virtù e persino un “famoso ufficiale” nel senso in cui si usava questa parola
all’interno dell’esercito. Si ricordò di essere stato triste quasi per tutta la sua vita,
schivo, si poteva già dire: amareggiato. Ma così come ora lui credeva di conoscersi, non
capiva più perché era stato triste, schivo ed amareggiato. (183)

Il narratore ed il lettore sanno che Carl Joseph “ non vive a pieno la propria vita ”, che l’amore della signora von Taussig è dividibile e volubile e che lui può essere davvero un “famoso ufficiale” nel senso del gergo militare, ciò vuol dire un mediocre rappresentante della casta ed assolutamente privo di quelle “tante virtù” che lui tende ad assegnarsi. L’autostima di Carl Joseph è sottoposta ai suoi stati d’animo e dipende dalle varie situazioni del momento, la coscienza della sua continuità di vita è limitata, l’alta stima di sé e l’autocompassione si alternano l’un con l’altra. Non appena viene abbandonato dall’alta stima di sé, e precisamente già poco dopo, dice a sé stesso “ che lui già da tanto tempo non era più maestro della sua fortuna, e non era più un eccellente uomo con virtù di ogni tipo. Era piuttosto povero e misero e pieno di malinconia …” (186).

L’opinione critica del narratore su Carl Joseph si è mostrata nei citati passi di testo soprattutto nel fatto che il narratore mantiene in piedi la sua propria prospettiva di giudizio e valutazione nonostante tutte le apparenti identificazioni totali con la sua figura. L’identificazione è una parte della tattica narrativa psicologica, è una parte della “simpatia letteraria” che richiede ogni realistica rappresentazione umana a metà. Tuttavia non significa che il narratore si perde nella sua figura e che il suo orizzonte si riduce all’ampiezza d’orizzonte del personaggio. L’orizzonte del narratore e con lui quello del lettore è anzi di gran lunga superiore a quello della figura, i suoi valori sono fondamentalmente diversi da quelli di Carl Joseph. Poiché i confini tra mentalità del narratore e mentalità dei personaggi non si cancellano mai interamente al lettore rimane intatta un’istanza narrativa obiettiva dalla quale lui riceve segnali per giudicare il personaggio e l’andamento narrativo. Poiché il narratore in questo genere di descrizione di coscienza prende di mira non solo il suo personaggio, bensì contemporaneamente anche il lettore si può parlare di una prospettiva di narrazione ambivalente e spezzata.

Il narratore esprime la sua superiorità critica spesso anche affatto velatamente e senza ambivalenze nel commento diretto. Nelle molte situazioni in cui la limitatezza spirituale di Carl Joseph o la sua impotenza diventano evidenti il narratore schernisce apertamente il suo personaggio. Quando Carl Joseph riceve l’incarico di sopprimere la dimostrazione degli operai, un ufficiale descrive i lavoratori di fabbrica come “poveri diavoli” e aggiunge : “ Forse alla fine hanno ragione!” La reazione di Carl Joseph viene riportata così: “Al tenente Trotta non era ancora venuto in mente che questi erano dei poveretti e che potevano avere ragione. L’osservazione del capitano gli sembrava ora giusta, e lui non dubitava più sul fatto che fossero poveri diavoli” (191). Durante gli scontri tra l’esercito comandato da von Trotta e gli operai il tenente viene mostrato in prevalenza in stato pensante ed irrisoluto. In un passo si dice con arroganza e compassione: “E come stava davanti alla sua colonna il povero tenente Trotta … “ (194), e un’altra volta il narratore si prende gioco del fatto che su Trotta “ sia giunta la forza sublime di guardarsi in faccia “ (195). Nell’unica azione militare che nel romanzo viene richiesta a Trotta il narratore concede alle sue riflessioni molto più spazio che ai tumulti stessi. Solo all’ultimo secondo Carl Joseph dà l’ordine di sparare, quando il rappresentante dell’amministrazione civile lo incita a ciò.

La limitatezza intellettuale di carl Joseph viene messa a nudo senza ambivalenze dal narratore quando Carl Joseph si mette a riflettere sul fatto che esistono altri stati su cui l’imperatore Francesco Giuseppe non regna dove ci sono altri eserciti, altre guarnigioni ed innumerevoli altri tenenti: “ Era altamente sconcertante concedersi a tali pensieri; per un tenente della monarchia ugualmente così sconcertante come per uno di noi riflettere sul fatto che la Terra sia solo uno dei tanti milioni e bilioni di corpi celesti “ (188). In un tale commento, che prende di mira l’orizzonte culturale di un tipico rappresentante del corpo ufficiali austriaco, Roth si avvicina ad uno stile satirico che è caratteristico dell’opera di Robert Musil L’uomo senza qualità.

In molte situazioni il narratore rinnega il suo personaggio con una piccola svolta, spesso nella forma di un umoristico o ironico colpo ai fianchi, così per es. quando parla del “ cervello militare “ di von Trotta (245) oppure delle “ numerose situazioni penose … dove era solito appianare “ (110), oppure del fatto che la sua amante lo faceva “ più giovane, proprio come lui stesso faceva, più stupido e sconcertato, proprio come faceva lui “ (232).

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